Ricerca scientifica e sviluppo tecnologico sono due settori chiave per perseguire crescita e sostenibilità: la nostra redazione ha una particolare sensibilità verso questi ambiti e non manca di segnalare occasioni lavorative a tal proposito. Sappiamo che l'Italia non si è propriamente distinta per merito, ma le ultime notizie che giungono dal Miur paiono voler aprire strada alla speranza.
R&S: la situazione italiana
Conoscenza, innovazione, sviluppo: tre concetti ben chiari a livello globale, tanto che gli investimenti in questi ambiti sono in aumento costante, da quarant’anni ad oggi. Secondo R&D Magazine, storica rivista di settore, la spesa mondiale in Ricerca & Sviluppo ha toccato i 1.883 miliardi di dollari, che è pari all’1,75% del Pil del pianeta: un vero e proprio record. Questa la lista dei contesti territoriali che investono di più:
- Asia (passa dai 40,2 del 2014 a 41,8 miliardi del 2016)
- Nord America (da 29,2 a 28,5 miliardi del 2016, replicando la cifra investita nel 2015)
- Europa (21,5 miliardi del 2014 diventano 21, nel 2016)
- Russia (scende dai 3,1 miliardi del 2014 ai 2,6 del 2016)
Seguono Sud America (2,6 mld), Medio Oriente (2,3 mld) ed Africa (1,1 mld).
Eppure, se andiamo a guardare la classifica per Paesi, scopriamo che l’Italia è solo in 13° posizione, con i suoi 26,37 miliardi di dollari, corrispondenti all'1,27% del Pil nazionale. A portare in alto la posizione dell’Europa sono Germania (107,42 mld) e Francia (59,17 mld) – e, prima della Brexit, la Gran Bretagna (44,51 mld). Il Belpaese, insomma, non è messo bene. A conferma di ciò, nell’ultimo rapporto dell’Anvur, Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, si legge: “La quota del prodotto interno lordo (PIL) dedicata in Italia alla spesa in ricerca e sviluppo (R&S) è rimasta stabile nell’ultimo quadriennio (2011-2014), confermandosi su valori molto inferiori alla media dell’Unione Europea e dei principali paesi OCSE. L'Italia con l'1,27% si colloca solo al 18° posto (con una quota uguale alla Spagna) tra i principali paesi OCSE per il quadriennio 2011-2014, con valori superiori solo a Russia, Turchia, Polonia e Grecia, ben al disotto della media dei paesi OCSE (2,35%) e di quelli della comunità europea (2,06% per UE 15 e 1,92% per UE 28)”.
Bandi, assunzioni e investimenti: quali novità
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha annunciato che a breve saranno stanziati 600 milioni di euro per i settori di innovazione e sviluppo: una cifra che dà quantomeno sollievo al mondo della ricerca italiano e che è tristemente etichettato, nei media e dagli addetti del settore, come quello in cui a dominare è la cosiddetta “fuga dei cervelli”, una tendenza da invertire senza esitazioni. I fondi saranno così ripartiti:
- 350 milioni destinati a imprese, università e centri di ricerca nello sviluppo di nuove tecnologie
- 250 milioni per l’assunzione di 1.000 ricercatori e il potenziamento del Prin, Progetti di ricerca di interesse nazionale: questi ultimi saranno attinti direttamente da quanto l’Istituto italiano di tecnologia di Genova (Iit) teneva in cassa e non ha speso negli anni
Vediamo i due investimenti più da vicino.
Per quanto riguarda la prima tranche di fondi, i 350 milioni di euro rispondono agli obiettivi stabiliti dal programma europeo Horizon 2020 e sono stati individuati tra le filiere dell’innovazione del Belpaese. Ruotano attorno ai cosiddetti “cluster tecnologici nazionali”, ossia “reti aperte e inclusive”, come si legge su ResearchItaly, “formate dai principali soggetti pubblici e privati che operano sul territorio nazionale nella ricerca industriale, nella formazione e nel trasferimento tecnologico”. I cluster, nati nel 2012 per volontà del Miur, si focalizzano attorno a diversi ambiti tecnologici molto specifici. In particolare, i 12 settori già individuati in Italia sono:
- Fabbrica intelligente, centrato sul settore manifatturiero italiano
- Chimica verde, che tiene insieme chimica e sostenibilità
- Scienze della vita, ossia cura della salute umana
- Mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina, quindi modalità di trasporto ad alto impatto di sostenibilità e produttività
- Agrifood, che ripercorre l’intera filiera agroalimentare italiana
- Aerospazio, una importante specificazione del comparto manifatturiero: sappiamo che l’Italia è settima nel mondo e quarta in Europa in questo campo
- Tecnologie per le smart communities, proposte innovative per implementare le connessioni di cui le città metropolitane sono espressione
- Tecnologie per gli ambienti di vita, in cui rientrano sicurezza e ricadute energetiche nelle abitazioni della popolazione italiana
A questi, se ne stanno aggiungendo altri tre, in costituzione in questi giorni: Made in Italy, Blue growth, Energia e beni culturali.
Dunque si stimolerà la creazione di partneriati tra soggetti pubblici e privati, fino ad un massimo di 10 partecipanti per 12 progetti da presentare. Tra questi, i migliori potranno ricevere un contributo che oscilla tra 1 e 5 milioni di euro, ossia il 50% del finanziamento dell’intero progetto di ricerca.
Per quanto riguarda i rimanenti 250 milioni di euro, sono il risultato dai fondi accumulati e non spesi dall’Iit di Genova, un vero e proprio tesoretto che la ministra Valeria Fedeli ha “liberato” a favore della ricerca e del Paese, dal momento che implementare questo settore lavorativo comporta ricadute evidenti su ogni aspetto del vivere, anche quotidiano, dell’Italia tutta.
La redazione di WeCanBlog